1976: l'idea del turbo
Nonostante le buone moto, la Moto Morini è sempre rimasta una realtà industriale relativamente piccola, nel bene e nel male. Tra i fattori positivi c'era sicuramente la cura del prodotto fin nei minimi particalori; tra quelli negativi erano da ascriversi principalmente la carenza di risorse finanziarie per sviluppare ex-novo nuone moto in tempi rapidi.
La Morini, infatti, nei periodi di massimo splendore, aveva il suo massimo regime produttivo in 5.000-5.500 moto all'anno (siamo ai tempi del tre e mezzo). Un valore certamente buono, ma sicuramente non da "grande fabbrica". Quello che mancava alla Morini era anche la capacità di espandersi fuori dall'Italia, dove le sue moto sarebbero sicuramente state ben apprezzate (pensiamo in particolare all'Inghilterra e/o alla Germania). A causa dei costi, la Morini non riusci mai ad impiantare una vera filiale all'estero capace di dare assistenza ai concessionari locali; che erano pochi e facevano quel che potevano. Insomma, la Morini sembrò sempre nella situazione del cane che si morde la coda: non aveva ingenti risorse finanziarie perché non si espandeva anche all'estero e non si espandeva all'estero perché mancavano le risorse economiche.
Ecco allora che compare perfettamente comprensibile, anche dal punto di vista industriale, la scelta che fu fatta nel 1976: iniziare a studiare il turbocompressore applicato alle motociclette. Tra l'altro, l'idea era tutt'altro che peregrina; erano gli anni in cui la Reanult debuttava in formula uno con tale soluzione che raccoglieva unanimi consensi e dappertutto si diffondeva la "moda" del turbo (che, nel settore auto, perdurava fino ad oggi; specialmente nel segmento delle motorizzazioni diesel dove è divenuto quasi "obbligatorio").
Con il turbo, la Morini si proponeva di prendere i classici due piccioni con una fava: da un lato poteva entrare nel settore delle maxi-moto che l'attirava da tempo; dall'altro poteva arrivare rapidamente a proporre un prototipo in tempi rapidi, usando una base motoristica collaudata e risorse economiche non spropositate.
A partire dal 1976 Lambertini si mette al lavoro e delinea già quelle che dovranno essere le scelte del futuro: niente compressore volumetrico (tipo volumex, roots o simili) per problemi di spazio - che su una moto è veramente esiguo. La scelta cade subito sulla turbina accoppiata ad una girante azionata dai gas di scarico, ma qui iniziarono altri problemi: reperire il turbo giusto dai fornitori. Infatti, anche la turbina KKK (che vedremo anche sulle Ferrari di formula uno), sulla quale è caduta inizialmente la scelta, si rivela ancora troppo grossa e si cerca una valida sostituta.
Il turbo "alla giapponese"
A tal proposito, Lambertini racconta un aneddoto sconosciuto ai più: l'esistenza di un possibile legame (anche se non suffragato da prove) fra la scelta coraggiosa della Morini, e l'immissione sul mercato della CX-500 Turbo da parte della Honda presentata nel 1977. Ilazioni? Coincidenza? Nessuno può affermarlo con certezza, ma i fatti sono quelli che seguono.
In quell'anno, un amico segnala a Lambertini un piccolo compressore esposto ad una fiera di macchine agricole che si teneva a Verona. Lambertini viene a sapere che si tratta di un IHI importato in Italia da una ditta di Caserta che lo mette in contatto con il costruttore: si tratta di una fabbrica giapponese che, rispondendo alla sua richiesta d'informazioni, lo informa che la turbina in oggetto è solo un prototipo. Tuttavia i giapponesi si dimostrano molto disponibili e si dichiarano pronti a soddisfare la richiesta a valle di una serie d'informazioni: come mai un costruttore di moto è interessato alle turbine, quale tipo di motore la si intendesse usare, fasature, pressioni d'esercizio, etc. Insomma, i ruoli parevano scambiati: anziché essere il cliente a fare domande su un prodotto era il venditore a fare domande sul cliente. A questo punto, Lambertini risponde alle domande dei giapponesi ma, insospettito, fornisce volutamente alcuni parametri errati.
Come è andata a finire? Che per due anni i giapponesi non si fanno più sentire, nessuna notizia. Poi il fulmine a ciel sereno: dopo due anni di silenzio la Honda presenta un suo nuovo modello; si tratta della CX 500 Turbo. Curiosamente, la turbina è la stessa (una IHI), la cilindrata è la stessa, ed il motore è un bicilindrico. Coincidenza? Guarda caso, dopo due mesi dalla presentazione della CX, la giapponese IHI comunica alla Morini l'avvenuta disponibilità a fornire il compressore.
In tal senso, risulta perlomento ingeneroso il commento presente sul sito di Motociclismo quando descrive - a posteriori - la sfortunata carriera della CX 500 Turbo: "Alla Honda resta però il merito di aver lanciato la breve stagione delle moto sovralimentate che nella prima metà degli anni Ottanta coinvolge tutte le Case giapponesi."
Una svista? Lo speriamo. Per rincarare la dose, aggiungiamo qui quello che raccontò Negroni: "La Honda era già uscita sul mercato con la CX Turbo ed anche loro montavano le turbine IHI. Ma adottarono la stessa turbina, con gli errori inseriti da Lambertini. Quando se ne accorsero ed organizzarono la campagna di richiamo per cambiare tutte le turbine, lo venimmo a sapere e non ti dico le risate!"
Per inciso, Lambertini si'interessò anche alla turbina proposta dalla Alfa Romeo Avio, che però non fece più avere notizie circa la sua disponibilità alla fornitura.
1981: dall'idea del turbo al prototipo
La messa a punto della Turbo fu fatta in gran segreto, ed in quell'occasione Lambertini si rivelò ancora quel gran genio che era: creò praticamente dal nulla tutta una serie di dispositivi per regolarizzare il più possibile il funzionamento del turbo e domare, da un lato il suo cronico ritardo nella risposta, dall'altro la sua impetuosità d'ntervento. Overboost, carburatori veloci, centraline di autonoma ideazione, ed altro ancora furono creati per il progetto. La pressione nominale di lavoro della turbina era di 0,9 atmosfere, ma saliva a 1,2-1,3 con l'overboost. Alla fine, pur non cercando la potenza ma piuttosto la regolarità e l'affidabilità, alla prima uscita tutti rimasero di sasso: oltre 200 km/orari in velocità massima.
Ansiosi di fare una prova di durata si architettò la "mitica" tirata Bologna-Roma che pochi conoscono. All'insegna della massima segretezza, fu allertato il concessionario Nardi di Roma e si organizzò un rifornimento "on the road" per non fermarsi nelle stazioni di rifornimento.
Il risultato fu un missile che attraversò la A1 sverniciando nell'ordine: diverse Saab turbo, auto sportive di ogni genere, ed un paio di pattuglie della stradale. Autore dell'impresa fu Mauro dal Fiume. Inutile dire che la Turbo non accusò inconveniente alcuno.
Fatto sta che la Morini Turbo 500 fu presentata nel 1981 al Salone di Milano ed al seguente Motor Show di Bologna, ottenendo un incredibile popolarità: 70,5 cavalli ad 8.300 giri ed un peso di soli 183 kg. LA turbina montata è la IHI, visto che finalmente si "sbloccò" la spedizione dal Giappone. La Morini Turbo vantava soluzioni innovative (come i tubi di scarico sotto la sella - che pare una "invenzione" tutta moderna), ma il progetto fu inspiegabilmente accantonato.