1985: la Morini in affanno
Forse la parola "inspiegabilmente" non è esatta, in quanto una spiegazione c'era. L'immobilismo della dirigenza Morini era infatti anche causato in una certa "stanchezza" nel fare impresa; il clima incandescente fra sindacati e proprietà fece perdere a gran parte dei quadri direttivi (ed alla signora Gabriella Morini in particolare) l'entusiasmo di lanciarsi in nuovi progetti. Tuttavia, la pubblicità avuta grazie alla 500 Turbo fece "galleggiare" l'azienda ancora per un paio d'anni.
Lambertini a tal proposito ricorda, con un pò di malinconia, come cambiò il clima aziandale nel volgere di pochi anni. Solo poco tempo prima, infatti, lavorare in Morini era come lavorare in una grande famiglia, un impiego in Morini era visto quasi come un privilegio nel bolognese.
Gli anni '80 vedono un trascinarsi della situazione; la pubblicità avuta grazie al prototipo della moto ha consentito di dare fondo all'invenduto che giaceva nei magazzini, ma il livello di produttività aziendale è ormai sceso a livelli bassissimi. La Morini entra quindi nell'orbita del gruppo Cagiva. Nonostante ciò, Lambertini si occupa del proprio lavoro: progettare motori e proporre soluzioni.
1986: il 750cc da 85 cavalli e la Cagiva
Nel 1986 propone alla direzione aziendale un ulteriore prototipo; si tratta di un bellissimo motore di 750cc a V di 67 gradi con ben 85 cavalli di potenza ad 8300 giri. La progettazione è di carattere moderno: raffreddamento a liquido, 4 valvole per cilindro azionate da un mono-albero in testa, perni di manovella sfalsati in modo da eliminare le vibrazioni e bielle su bronzine. Il tutto è montato su un telaio da grossa enduro. Ma non finisce qui, la scocca è in lamiera portante ed il forcellone posteriore è infulcrato direttamente sul carter motore. Dulcis in fondo, il peso dell'unità motrice è eccezzionalmente contenuto in soli 50Kg; un risultato che ancora oggi molti costruttori faticano a raggiungere. Insomma, la Morini aveva in tasca una moto che non avrebbe sfigurato neppure oggi, già nel 1986. Ma il management aziendale è ormai "targato" più gruppo Cagiva che Moto Morini. Ricordiamo che che ci troviamo negli anni in cui il gruppo dei fratelli Castiglioni lancia la sua pesante enduro Elefant con il pesantissimo motore Ducati. Sono anche gli anni in cui Edi Orioli trionfa alla Dakar in sella alla grossa enduro della casa di Schiranna.
Quando il motore viene portato alla Ducati per una prova dimostrativa (presente l'ingegner Luciano Negroni di Morini), e fatto girare per 20 ore consecutive al banco di prova (un azione criminale per un motore sperimentale - ndr), i tecnici Ducati sgranano gli occhi per la curva di potenza al banco e per la potenza, di ben dieci cavalli superiore al Ducati. Questo, nonostante il tutto fosse stato progettato per essere messo in produzione con poca spesa. Ma, ironicamente, è proprio questa la goccia che fa traboccare il vaso per i tecnici Ducati, che sentenziano immediatamente: "spegnete tutto, questo motore non vogliamo vederlo in giro."
Penso che quanto sopra basti a convincere anche i più scettici sulle reali intenzioni della Cagiva, terrorizzata dal fatto di trovarsi un futuro rivale in casa quando l'acquisto della Morini sarà portato a termine.
Tuttavia Lambertini non demorde (ingenuità? passione?) e va all'attacco della direzione: dimostra, dati alla mano, che la moto può essere prodotta usando esclusivamente macchine utensili già presenti in fabbrica, ed arriva addirittura a calcolare il costo d'industrializzazione: 3,7 miliardi di lire (circa 1,9 milioni di euro oggi - il prezzo di un grosso appartamento in centro a Roma oppure a Milano - ndr). Anche il costo del solo motore è già di per se competitivo, Lambertini dimostra che il solo motore costa 2 milioni di lire ad unità (1.033 euro), contro i tre milioni di lire del Ducati 750cc (1.549 euro)
Chiaramente, anche se Lambertini non lo confessa apertamente, la molla che spingeva un motorista a prendersi la briga di fare calcoli finanziari - un onere che doveva essere a carico più della direzione aziendale che del reparto di produzione - doveva essere solo una: un forte attaccamento ed affetto per l'azienda nella quale si era trovato come in famiglia per tanti anni della sua vita.
Per illustrare meglio l'impegno che Lambertini profuse per convincere la direzione basta questo dato: se il problema era esclusivamente di soldi, allora l'ingegnere arrivò ad impegnarsi personalmente per ottenere il finanziamento statale previsto dalla legge 46 per sollevare la Morini da gravose incombenze economiche.
Possiamo quindi ben comprendere l'amarezza che conseguì al rifiuto del management di iniziare il progetto proposto, nonché il successivo abbandono della Morini da parte di Lambertini.