Questa esperienza trovò comunque la sua utilità nel momento in cui il capace tecnico si sedette al tavolo da disegno per progettare un propulsore che avrebbe dovuto equipaggiare una nuova moto di media cilindrata, destinata al rilancio della casa negli anni in cui il mercato, dopo il trend negativo attraversato, vedeva una ottima ripresa. Le tradizioni della casa, non meno delle imposizioni del valido ragioniere Gianni Marchetti direttore amministrativo nonché vecchio amico e collaboratore di Alfonso Morini, prevedevano la realizzazione di un propulsore che fosse al tempo stesso affidabile, longevo e caratterizzato da una grande semplicità costruttiva. Inoltre il nuovo motore avrebbe anche dovuto essere in grado di fornire prestazioni elevate in rapporto alla cilindrata. Con autentica genialità il tecnico modenese pensò anche di fare della prima versione di questa unità la capostipite di una intera famiglia di motori, tanto a due che a un cilindro, realizzati in base al principio della "modularità" costruttiva. Questo avrebbe consentito di impiegare in ogni caso le stesse macchine per la lavorazione del basamento oltre che gli stessi stampi per le fusioni, e di avere un gran numero di componenti in comune, portando così ad un notevole contenimento dei costi, senza compromettere la qualità del risultato.
Vede così la luce dopo solo otto mesi di gestazione il nuovo e rivoluzionario propulsore, pronto ad equipaggiare una lunghissima e svariata serie di motociclette che si faranno apprezzare in tutto il mondo per i successivi venti anni. L'architettura scelta è quella del bicilindrico a "V" longitudinale con un angolo tra i due cilindri di 72°,non casuale visto che trattasi dell'angolo esistente tra due cilindri adiacenti nei motori stellari a cinque cilindri, un ottimo compromesso tra la soluzione più equilibrata a V di 90° e quella a V decisamente stretto, più favorevole in termini di ingombro. La distribuzione ad aste e bilancieri ottimamente si sposa con le valvole parallele, e nei primi anni '70, assai prima dell'affermazione definitiva delle distribuzioni a 4 valvole per cilindro, è una soluzione che permette ancora di ricavare potenze specifiche sufficienti per i motori di serie. A conferma di ciò basta ricordare che con poco più di 100 CV/litro la 350 Morini si rivelò la moto più veloce della sua categoria, rimanendo tale per svariati anni. Non è mia intenzione esporre qui una completa analisi di questo bel bicilindrico che vantava valide soluzioni all'avanguardia ed inusuali per l'epoca, come la cinghia per il comando della distribuzione, primo motore motociclistico al mondo ad impiegare questa soluzione, e la frizione multidisco a secco, prerogativa allora delle moto da competizione.
La prima moto equipaggiata da questo propulsore ha impostazione turistica e si chiama semplicemente 3 e ½ (non celando così le sue origini emiliane!), presentata già al salone di Milano nel 1971 ed in vendita nella primavera successiva. La moto ottiene subito un buon successo di vendite, anche perché non fa rimpiangere le concorrenti di maggior cilindrata, inaccessibili per legge ai diciottenni dell'epoca. Nel '74 viene allestita una versione Sport della 3½, le modifiche riguardano principalmente l'impianto frenante, sella manubrio e colorazione, mentre la sostituzione dell'albero a camme con uno dallo schema più spinto e l'innalzamento del rapporto di compressione ottenuto con nuovi pistoni, permettono al motore di passare dagli iniziali 35 a 39 CV a 8500 giri, in grado di spingere la moto fino a 171 Km/h, e di aggiudicarsi il titolo di più veloce della categoria.
Questa moto è senza dubbio la più apprezzata da noi giovani dell'epoca, e da tutti coloro che ne hanno potuto provare l'inimitabile piacere di guida, frutto dell'ottima ciclistica e alla generosità e brillantezza del propulsore, senza dimenticare lo scarso consumo di carburante. Una moto che da' soddisfazioni sia nella guida turistica che in quella sportiva su percorsi misti, dove i buoni manici sono ancora in grado di dare la polvere alle potentissime, ma altrettanto impegnative, sportive moderne.
Negli anni ottanta questi due modelli hanno subito numerosi aggiornamenti, soprattutto stilistici, cercando purtroppo di emulare le nuove tendenze del sol levante, e via via perdendo l'apprezzata e sobria linea classica italiana, ma riscuotendo in ogni caso un buon successo tra gli utenti più attenti ai contenuti che ai condizionamenti dalle mode.
Sempre in questi anni il bicilindrico bolognese scopre l'ennesima carta vincente: la versatilità. Ad affiancare la linea delle stradali, nel frattempo ampliata con due monocilindriche da 125 e 250 c.c e due bicilindriche da 250 (poiché la monocilindrica, a dispetto dell'ampio utilizzo di silent-block, vibrava eccessivamente) e 500 c.c. (apprezzatissima all'estero e meno in Italia a causa dell'eccessivo peso fiscale), si decide di approntare una 500 da enduro, la Camel.
Questa moto, capostipite di una lunga e fortunata serie (anche nella versione Kanguro di 350 c.c.), dimostrò ottime doti, e permise agli appassionati di emozionarsi nuovamente al suo apparire brillantemente nelle nuove e seguitissime competizioni nel deserto come la Parigi-Dakar, o alla Sei giorni dell'Isola d'Elba del 1981, dove il preparatore Valentini di Prato, riscosse un bel successo di categoria davanti alle concorrenti Honda.
A tal proposito è da ricordare, come già accennato, che purtroppo l'impegno diretto della Morini nelle competizioni finì praticamente con la scomparsa di Alfonso, mentre in seguito per l'impossibilità di reggere l'enorme e crescente impegno economico necessario la casa si limitò a dare piccoli aiuti ai concessionari e preparatori che gareggiavano con i suoi mezzi, oltre al già citato Valentini ricordo Rei d'Ivrea, Mario Perfetti di Milano, Bruno Ruozi di Reggio Emilia e Fridegotto di Novara. Questi bravi preparatori hanno combattuto e spesso vinto nel campionato nazionale TT3 per moto derivate da serie fino 400 c.c. 4T e 250 c.c. 2T, e ancora oggi la moto di Ruozi si mette in luce nelle gare riservate alle "moto classiche fino a 500 c.c. dando filo da torcere alle concorrenti quattro cilindri !!
La TT3 di Dario Rei, pilotata da G.Mazzitelli concluse al secondo posto il campionato nazionale TT3 del 1981, confermandosi primo assoluto nella categoria 4 tempi, la vittoria di una Morini nel medesimo campionato arrivò nel 1984 con Andrea Perisi in sella alla Morini 400 preparata da Bruno Ruozi, mentre nel 1985 Eros Manfredini in sella alla TT3 di Bruno Ruozi è vice Campione italiano TT3.
Nello stesso periodo molti appassionati hanno trovato nella Morini 350 un'ottima mezzo per esordire nelle competizioni, ed in particolare nelle gare del campionato italiano di velocità montagna, già terra di conquista delle Morini Settebello, così è stato anche per mio fratello Mauro che, come potete vedere nella foto in basso partecipava a queste gare con una moto dalla ciclistica quasi di serie.
Spesso però si trovavano mezzi ottimamente preparati, come la TT3 curata da Luigi Pavan di Maslianico (CO), che nella foto in basso vediamo pilotata da Alberto Azzolina alla Ballabio piani Resinelli del 1980. nella categoria 4 tempi.
Bisogna in oltre segnalare che nella categoria bicilindriche delle gare di motorally le Morini sono tuttora le moto da battere, grazie a piloti e preparatori capaci armati da grande passione come Maurizio Zucchetti, che potete vedere in azione durante una gara di motorally in sella alla sua "Zuk Machine".
Riprendo la narrazione sulla produzione Morini, siamo ora alla seconda metà degli anni '80, quando la Morini, sempre grazie alla versatilità del suo propulsore non ha problemi a seguire le nuove tendenze del mercato, che vede un calo nel settore enduro a favore dei modelli in stile U.S.A. conosciuti come Custom. Nasce così una nuova coppia di modelli, si tratta delle Excalibur nelle versioni 350 e 500 c.c. che diventano così le moto di punta della produzione Morini. Nel 1989 vengono poi presentate le New York sempre nelle stesse cilindrate, dalla linea meno estrema ma a mio parere anche più piacevole. Sempre in questi anni da un restyling delle precedenti Camel e Kanguro XE nasce l'ultima enduro della casa bolognese, la Coguaro che, nonostante le ottme qualità tecniche ed estetiche non ebbe una grande diffusione. Queste moto montano l'ultima evoluzione del bicilindrico bolognese, con cilindri a canna integrale trattata al nichel carburo di silicio ed un efficace motorino d'avviamento posto davanti al basamento, poiché la soluzione adottata nelle precedenti versioni, senza modificare i carter ed utilizzando l'unico pesante e poco efficente motorino d'avviamento disponibile sul nostro mercato, era critica e scarsamente efficace, tanto è vero che nella maggior parte dei casi gli utenti hanno preferito eliminare il motorino per tornare al vecchio avviamento a pedale. Questa versione del propulsore equipaggia nel 1988 anche l'ultima 350 stradale, la Dart (esportata anche nella versione da 400 c.c.) dalla linea piacevole ma impersonale, visto che la nuova proprietà Cagiva, si è limitata a montare nella ciclistica della sua 125 Freccia il nostro bicilindrico bolognese, segno di scarsa intenzione di rilanciare veramente lo storico marchio dell'aquila MotoMorini.